In questi tempi in cui il conflitto sembra dominare ogni angolo del mondo, sento la necessità di offrire una riflessione che abbracci compassione, empatia e comprensione. Ritengo che noi imprenditori, artisti e creativi abbiamo il dovere di collaborare – e persino competere, sì, ma per scopi condivisi – anziché schierarci gli uni contro gli altri. Credo fermamente nell’«effetto farfalla»: piccole azioni etiche, replicate nel tempo, possono generare onde di trasformazione ben più vaste di quanto immaginiamo. Le esplosioni che devastano il pianeta non restano confinate ai fronti di guerra; attraversano le nostre comunità e interrogano la coscienza di chi crea valore, bellezza e lavoro. Ignorare questa violenza equivarrebbe a tradire la vocazione morale che sentiamo – come cittadini e professionisti – di contribuire al bene comune. Non sono qui per pronunciare proclami politici: la mia è semplicemente una presa di posizione urgente e umana. Le vittime civili di Gaza, dell’Ucraina, della Siria, dell’Iran, del Sahel e di tante altre regioni martoriate ci ricordano che proteggere la vita è un’urgenza che non ammette distinzioni ideologiche. Bambini bruciati dalle bombe, famiglie distrutte, città rase al suolo: immagini che nessuna strategia geopolitica può giustificare. Senza pretendere di indicare soluzioni globali, chiedo a me stesso – e a chi legge – un’etica della prudenza: valutare con attenzione le conseguenze di ogni scelta aziendale, comunicativa o creativa. Quando si dispone di una voce pubblica, è indispensabile usarla per favorire dialogo, inclusione e cura. Anche negli uffici si combattono guerre silenziose: scadenze che divorano il tempo di pensare, rivalità spietate, metriche che premiano la velocità a scapito della qualità. Questa corsa «più veloce degli altri» riflette la stessa logica di supremazia che alimenta i conflitti reali. Occorre dunque riscoprire una dimensione più lenta e umana: «Meditare per risolvere i problemi», come recita il nostro manifesto. Dal latino mederi – «curare» – la meditazione è il ponte che conduce dalla causa alla cura. Nel nostro lavoro impieghiamo due sole «armi» pacifiche. La Prudenza, la capacità di fermarsi, osservare e ascoltare prima di agire. La Predizione, l’abitudine a immaginare gli impatti di oggi sul domani, per un’innovazione lungimirante. In sinergia, queste virtù generano un ecosistema in cui ogni decisione è orientata al bene comune, non al mero profitto. Possiamo cominciare da gesti minimi: scegliere parole non belliche, abbandonando espressioni come «target» o «colpire» il cliente. Possiamo preferire la collaborazione alla competizione esasperata. E possiamo perseverare, perché gli atti di gentilezza non scadono: sono semi destinati a fiorire in una ricchezza duratura. Se ci assumiamo il coraggio di rallentare – per riflettere, progettare, condividere – restituiremo umanità alle nostre imprese e, di riflesso, al mondo intero. È ciò che pretendo dalla mia organizzazione ed è l’invito che rivolgo a chiunque creda nella prosperità senza rinunciare al proprio volto umano.Con gratitudine e fiducia,Leonardo